lunedì 17 ottobre 2016

RELAZIONE DEL DR. STEFANO LERA

STEFANO LERA
Medico, Psicoterapeuta, Responsabile del servizio Psicologia Clinica del centro Don Gnocchi di Firenze
 


Genere tra scienza e coscienza


La categoria del “genere” nasce a partire dagli anni Cinquanta nella ricerca psichiatrica, sociologica e antropologica americana. Con la parola “sesso” si inizia a riferirsi esclusivamente alla dimensione corporea di una persona (cioè alla sua anatomia); con quella “genere” si inizia a indicare sia la percezione che ciascuno e ciascuna ha di sé in quanto maschio o femmina (cioè l’identità di genere), ma anche il sistema socialmente costruito intorno a quelle stesse identità (cioè il ruolo di genere). La distinzione fra sesso anatomico e ruolo di genere sta alla base di un nuovo pensiero: e cioè che possa esserci una discontinuità tra il corpo con cui si nasce, l’immagine che si ha sé (come ci si sente) e i ruoli stabiliti da altri (gli stereotipi di genere). Quindi:
GENERE = Rappresentazione culturale e sociale del proprio status di uomo/donna, attraverso comportamenti, atteggiamenti, scelta di ruoli, linguaggio eccetera.
SESSO ( BIOLOGICO O GENETICO) = Insieme di caratteristiche genetiche (cromosomi XX o XY) e di caratteri sessuali primari (vagina e utero, pene e testicoli) e secondari (barba, seno, mestruazioni) che consentono di stabilire se un individuo è maschio o femmina o ha caratteristiche di entrambi i sessi. Il sesso biologico/genetico è assegnato alla nascita (e stabilito anche prima della nascita) a ogni individuo.
L’identità sessuale non è riconducibile esclusivamente al fattore fisico presociale e pre-culturale (come sostiene il determinismo biologico) e l’identità di genere non è riconducibile solo al fattore socio-culturale (come secondo il determinismo/costruttivismo sociale) o alla volontà (come esige il volontarismo individualistico). Tale interazione si inserisce nel dualismo che periodicamente ritorna nel contesto del pensiero filosofico occidentale (da Platone, corpo/anima, attraverso Cartesio res extensa/res cogitans).

 IDENTITA’ DI GENERE.
Affianco ai termini comuni a cui siamo abituati ad attribuire l’identità di genere come:
1.ETEROSESSUALITA
2.OMOSESSUALITA.
3.BISESSUALITA
possiamo aggiungere ora  altri tipi di identità di genere, non sempre da tutti conosciuti:
4.CISGENDER
Una persona il cui sesso assegnato alla nascita è il sesso con cui si identifica per il resto della vita.
5.TRANSGENDER
L’identità di genere di un individuo che sente di non appartenere al sesso biologico/genetico assegnato alla nascita, ma al sesso opposto.
6.GENDERQUEER
E’ l’identità di genere di un individuo che non si riconosce nell’opposizione binaria maschio/femmina. Le persone genderqueer pensano che l’identità di genere esprima uno spettro infinito di possibilità. E’ un termine ombrello, che comprende varie sfumature. Ad esempio e per semplificare, i genderfluid si sentono a volte maschi a volte femmine.
7.AGENDER
E’ l’identità di genere di un individuo che sente di non appartenere né al sesso maschile né a quello femminile. Le persone agender desiderano che si parli di loro, ove possibile, utilizzando il neutro.
8.TRANSESSUALE
Persona transgender che decide di operare una transizione verso il sesso a cui sente di appartenere,con terapie ormonali e chirurgia genitale, ma anche adottando abbigliamento e caratteristiche tipiche del sesso opposto
Avvenuto il passaggio, la persona sarà diventata, anche fisicamente, uomo o donna.
9.TRAVESTITO, TRAVESTITA
Persona transgender che prova piacere a indossare vestiti tipici del genere opposto al suo. Un uomo che si veste come una donna o una donna che sceglie abiti maschili.
10.DRAG QUEEN
Persona nata come maschio, che sia transgender o cisgender, a volte anche transessuale, che decide di esibirsi in vesti femminili. Il termine è strettamente legato all’interpretazione di un personaggio, un alter ego del sesso opposto, che vive solo nel momento in cui fa spettacolo.
11. DRAG KING
Persona nata come femmina, che sia transgender o cisgender, a volte anche transessuale, che decide di esibirsi in vesti maschili. Il termine è strettamente legato all’interpretazione di un personaggio, un alter ego del sesso opposto, che vive solo nel momento in cui fa spettacolo.
12. INTERSESSUALE
Termine ombrello con cui si definiscono le persone i cui cromosomi sessuali non sono definibili esclusivamente come maschili o femminili.
Intersessualità (che può essere conosciuta anche come sindrome parziale di insensibilità agli androgeni o sindrome di Reifenstein) è un termine usato per descrivere quelle persone i cui cromosomi sessuali, i genitali e/o i caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili. Un individuo intersessuale può presentare caratteristiche anatomo-fisiologiche sia maschili che femminili. Le cause di tali caratteristiche possono essere varie, sia congenite che acquisite (come nel caso di alcuni disturbi ormonali) e possono intervenire a livello cromosomico, ormonale e morfologico.   Una persona intersessuale puo’, inoltre, manifestare caratteristiche anatomiche sia maschili che femminili (ermafroditismo).
Già due anni prima della Conferenza mondiale di Pechino, la biologa Anne Fausto-Sterling aveva pubblicato sulla rivista The Sciences un articolo in cui, spiegando quanto a volte il tentativo di far rientrare per forza tutti i neonati in uno dei due sessi faccia violenza ai dati biologici, propose – provocatoriamente – di aggiungere ai due sessi "tradizionali", maschio e femmina, lo herm (l'ermafrodita vero, cioè una persona intersessuale che possieda un testicolo e un ovaio), il merm (lo pseudoermafrodita maschio, una persona intersessuale con i testicoli, con qualche caratteristica sessuale femminile e nessuna ovaia) e la ferm (la pseudoermafrodita femmina, una persona intersessuale con le ovaie, con qualche caratteristica sessuale maschile e nessun testicolo).
Nascere intersessuali NON significa sentirsi sia maschio sia femmina.
La chirurgia “correttiva” sulle persone intersessuali, che veniva praticata poco dopo la nascita in modo da assegnare il genere maschile o femminile, è caduta in disuso. Si preferisce aspettare la pubertà, quando l’identità di genere dell’individuo intersessuale si manifesterà con più chiarezza.

PROSPETTIVA ANTROPOLOGICA
Uno tra i più importanti antropologi del Novecento, Marcel Mauss (Épinal, 10 maggio 1872 – Parigi, 10 febbraio 1950) affermava che  in ogni contesto socio-culturale, le istituzioni e le agenzie educative configurano un’idea di persona conforme a valori, saperi e pratiche, che intreccia la sfera personale e quella sociale, orienta atteggiamenti e comportamenti, delimita i confini del normale e del deviante, del piacere e delle emozioni, della sessualità e del genere. La relazione tra sesso alla nascita, ruolo di genere e sessualità si configura piuttosto come una costruzione culturale conforme alle aspettative sociali, presenta una estrema variabilità e assume connotazioni differenti sulla base di modelli culturali locali. In altri termini il sesso alla nascita, la sessualità e il genere non sempre sono sovrapponibili e non in tutte le culture la mascolinità e la femminilità sono determinate dalle differenze anatomiche. Quel che invece accomuna tutte le società è la presenza di un sistema culturale di sesso-genere, sex-gender-system, ovvero un insieme di dispositivi che organizzano e plasmano il comportamento sessuale e i ruoli di genere.
Il sistema dualista, m/f, non è l’unica modalità plausibile di assegnazione e definizione dell’identità del soggetto e che il genere è una categoria multidimensionale. In ogni cultura la percezione delle differenze anatomiche e l’assegnazione delle identità di genere sono strutturate e organizzate in un certo modo, sono mediate da categorie culturali che plasmano, seppure con un certo margine di autodeterminazione, il soggetto.
Andrea Cornwall ( 2000) ha elaborato una riflessione sulle teorie essenzialiste, che individuano una corrispondenza univoca tra sesso e identità di genere, e sulle teorie costruzioniste che nella definizione della persona spostano l’attenzione dalla natura, la differenza anatomica, alla cultura, la costruzione del genere. L’identità, sostiene Corwall, è un processo creativo in fieri, mai data e fissata una volta per tutte né dalla cultura né dalla natura. Il corpo in qualche modo non è mai naturale, vestito di oggetti, di atti e gesti che continuamente lo modificano, è s-piegato dalla traccia creativa delle nostre rappresentazioni mentali. Il corpo è un corpo-mente, un corpo natura-cultura. A tale proposito verranno analizzati sei sex gender system: in India, Nord America, isole Samoa, Filippine, Brasile e Balcani.
1.India. Hijra e Sadhin e il paradigma del terzo e quarto genere
In India sono due le tipologie individuate, “né uomo né donna”, che possiamo ascrivere a un terzo e quarto genere: le Hijra, che nascono maschi e  vengono considerate femmine attraverso un rituale di iniziazione, e i Sadhin, donne biologiche che rinunciano al matrimonio e si vestono e comportano come uomini. Sono entrambi riconosciuti e legittimati non solo nei miti e nei rituali della religione induista, ma anche e soprattutto nell’organizzazione del sistema sociale, pur all’interno di un contesto marcatamente patriarcale.

Alle Hijra e alle Sadhin è conferito uno status particolare. Queste due categorie trovano spazio in un universo mitico e culturale, quello induista, in cui i poli del maschile e del femminile possono dare luogo ad altre possibilità di costruzione della persona.
Nella cultura indiana ancora oggi le qualità distintive del genere, maschile, femminile e del terzo e quarto genere, hijra e sahin, sono plasmate da divinità che hanno un ruolo determinante nelle esperienze di vita del soggetto. La dea Bahuchara Mata, per esempio, è una manifestazione della Dea Madre ed è associata al transessualismo delle Hijra. Le Hijra hanno ruoli di assoluto prestigio ne i matrimoni e nellle nascite di figli maschi. Cantano, ballano e benedicono gli sposi e il nascituro. Hanno relazioni sessuali con maschi non Hijra e assumono nomi femminili, sono censite come donne e occupano posti riservati alle donne, tuttavia non sono definite né donne né uomini.
Alcune Hijra sono prostitute, ma la maggior parte preferisce avere un marito o, in alternativa, vivere in una comunità Hijra. Ad ogni modo alle Hijra che scelgono un marito è imposto il divieto di performance rituali, ma non subiscono alcuna stigmatizzazione né marginalizzazione sociale. Nella struttura sociale indiana, costruita sul sistema delle caste, alle Hijra è loro garantito il diritto ereditario su ogni bene, mobile e immobile, il monopolio sulle loro attività, le performance rituali. Ogni Hijra ha una maestra che ha un ruolo centrale nella sua iniziazione, le conferisce un nome femminile che registra nel libro della Hijra e intrattiene con lei un legame affettivo di reciproca lealtà per tutta la vita.
La Sadhin in India è, invece, la variante femminile delle Hijra: una femmina biologica che rinuncia al matrimonio, taglia i capelli e indossa abiti maschili, mantiene il nome femminile , ma non prende parte a performance rituali né ha potere sacro, svolge invece compiti maschili: arare, seminare e custodire il gregge; siede con gli uomini a fumare la pipa e le è concesso di agire come un uomo in ogni ambito della vita pubblica e privata, ma con una limitazione, la castità a vita, condizione sine qua non dell’accettazione pubblica del suo status. È questo un indicatore di discriminazione.
2. Berdache tra i nativi d’America (Berdasc)
Di notevole interesse è quell’area di studi e ricerche sul campo che ha documentato in 150 società nordamericane la presenza dei/delle berdache, soggetti che incarnano non tanto il ruolo di transessuale o travestita/o quanto piuttosto di un terzo e quarto genere.
In primo luogo sono state messe a fuoco le specializzazioni produttive dei/delle berdache: la guerra, la caccia e la leadership per i berdache, e le arti, l’artigianato e i lavori domestici per le berdache. In secondo luogo il ruolo determinante del mandato soprannaturale nel conferimento di poteri straordinari.

Lo status berdache, infatti, è solitamente accompagnato da attribuzioni di carisma, di potere soprannaturale, di talento e notevoli capacità, come suggeriscono i privilegi di cui godono in termini economici e di status. Il desiderio sessuale e le relazioni affettive, durature o occasionali, sono di solito orientati verso soggetti non berdache dello stesso sesso.
Nelle cerimonie di iniziazione al ruolo berdache gli atteggiamenti e i comportamenti degli iniziati non mimano il sesso opposto, nè i termini in uso nel linguaggio comune che li definiscono hanno alcuna relazione con le categorie di genere femminile o maschile, il/la berdache  non mima un ruolo sessuale e di genere maschile o femminile
3. Le travestis – Bichas-a Salvador del Brasile
Le travestis a Salvador del Brasile offrono sesso sul marciapiede, ma godono anche del privilegio rituale nei templi del candomblè, religione afro-brasiliana, di incarnare il ruolo delle figlie del santo: danzano vestite di bianco e pizzi e sono possedute dalle divinità Orixàs. Il sincretismo religioso contrappone i santi cattolici  alle orixas-divintà africane. Le travestis possono slittare continuamente tra i poli del femminile e del maschile ,possono rivendicare la loro mascolinità e al tempo stesso mettere in scena rappresentazioni declinate al femminile, possono attraversare i confini di genere e riposizionarsi di volta in volta assumendo il ruolo della bella fascinosa o del macho. Sfidano il confine, ma non lo rimuovono, lo riposizionano. Nei linguaggi espressivi, in strada e nei rituali del candomblè la travesti oscilla, dunque, tra i ruoli della femminilità remissiva e della mascolinità dominante. Le dicotomie di sesso e genere sono così dislocate e rimesse continuamente in gioco nel rito e nel tempio .
4. Balcani: le vergini giurate
Nella popolazione rurale dei Balcani già nella prima metà del XVI secolo furono documentate le vergini giurate, femmine biologiche vestite in abiti maschili, impegnate in lavori maschili e tributate di riconoscimento pubblico e sociale: un attraversamento di genere permanente e istituzionalizzato, approvato dal contesto familiare e dalla più ampia comunità.
Le vergini giurate, per scelta personale o della famiglia, erano definite maschi sociali che godevano del rispetto, misto a soggezione, della famiglia e della comunità, dei diritti ereditari e del ruolo di capofamiglia. La rinuncia alla sessualità e il voto di castità erano volontari, ma la trasgressione comportava di frequente stigmatizzazione sociale, la condanna a morte e la lapidazione.

La vergine giurata declinava al maschile i termini nel parlare di sé, sedeva con gli uomini a bere acquavite, fumava la pipa, amministrava i beni della famiglia, disdegnava il comportamento delle donne come solo la misoginia maschile sa fare, era registrata nei documenti ufficiali con nome maschile e aveva diritto di voto in un tempo in cui non esisteva il suffragio universale. Infine dopo la morte era riservata alle vergini giurate una cerimonia funebre tributata ai membri maschili della comunità e benedetta dai preti ortodossi.
Tutte le vergini giurate erano sempre molto risolute nel vendicare gli affronti alla loro mascolinità, colpivano duramente il colpevole o sfoderavano la pistola. La consuetudine consentiva loro di lavare il disonore anche con il sangue. Sebbene addestrate all’uso delle armi e autorizzate a prendere parte di diritto a incursioni e faide con i maschi del villaggio, tuttavia uccidere una vergine giurata era considerato disonorevole per uomo.
Abbiamo notizia di una vergine giurata, nata nel 1941 in Montenegro, tuttora vivente. Primogenita di 8 figlie femmine .Ancora oggi veste abiti maschili, lavora e vive in città con la sua compagna.
5.I concorsi di bellezza bantut nelle Filippine del Sud.
I Bantut, che primeggiano nella musica, nel canto e dominano il mercato locale nel business degli istituti di bellezza e dello spettacolo, nelle gare sfilano sul palco con i loro corpi modellati sui canoni estetici della bellezza internazionale e danzano al ritmo delle più antiche tradizioni performative locali. L’organizzazione dei concorsi, accurata e meticolosa, può contare sulla presenza di un vasto pubblico e delle autorità locali laiche e religiose. All’Imam, il capo della comunità islamica locale, è sempre riservato un posto in prima fila.
Attualmente le scuole sono tra i principali sponsor dei concorsi di bellezza bantut e il corpo docente figura nel consesso dei giudici. L’educazione alla bellezza, l’autorealizzazione e l’autostima, sono i valori enfatizzati nei programmi di formazione.
Nelle Filippine del Sud i bantut, progressisti, istruiti e indipendenti, sono figure di mediazione e di contenimento di forze culturali ( musulmana e progressista americana), esibiscono i costumi tradizionali, le virtù della più rassicurante e tradizionale figura femminile: la moglie devota e attenta alle responsabilità familiari, alle funzioni educative e di cura.
6. Le fa-efafine di Samoa.
I samoani non hanno termini e categorie che distinguono pratiche eterosessuali e omosessuali.
A una coppia che genera solo figli maschi è concessa la possibilità di allevare un figlio come una femmina, assegnarle il ruolo di “fa-afafine”, alla maniera di una donna. A volte la decisione è assunta dal soggetto in età adulta. In tutte e due i casi la scelta è supportata dall’accettazione e dal riconoscimento familiare e sociale. La fa-afafine ha assunto un ruolo che nel periodo pre-cristiano era assegnato alle ragazze samoane durante gli intrattenimenti: divertire con lo scherzo osceno, la burla e la satira a sfondo sessuale. La burla e la satira a sfondo sessuale sono ancora oggi l’espressione che manifesta e in qualche modo argina l’aggressività e la rivalità che permeano la società samoana.

I giochi preferiti nelle antiche cerimonie erano gli scherzi osceni, l’esibizione di parti intime, una danze notturna, poula  e canzona mento scherzoso a sfondo sessuale (ula)e venivano effettuate dalle donne. I processi urbanizzazione e Cristianizzazione  hanno indotto il divieto di giochi e scherzi osceni,per cui oggi, nella moderna e urbanizzata Samoa, solo alle fa-afafine è concesso il diritto di ula negli intrattenimenti. Nella Samoa moderna, urbanizzata e cristianizzata, le ragazze e i ragazzi durante gli intrattenimenti devono usare “la lingua del rispetto”, non possono giocare la ula, le ragazze non possono più esibirsi nelle danze oscene (poula), appena poco più tollerato è l’esibizionismo delle donne adulte.

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