Presentazione del caso
Un
ragazzo adolescente (di prima superiore) le ha raccontato, visibilmente
imbarazzato, che un pomeriggio era a casa sua in compagnia del suo amico e
compagno di banco per studiare insieme. Ma dopo un pò l’amico gli ha proposto
di giocare alla ‘mascherata’ e, poiché erano soli in casa, sono andati in
camera dei genitori e si sono vestiti con gli abiti della mamma. Si sono anche
truccati e così vestiti da donna si sono fatti dei selfy. Il ragazzo mostra
imbarazzo raccontando l’episodio. L’insegnante lo rassicura e lo tranquillizza.
Dopo
due settimane, continua l’insegnante, lo stesso ragazzo si è ripresentato e,
con molta titubanza, ma con l’evidente voglia di togliersi un peso, racconta
che con lo stesso amico dell’altra volta si sono nuovamente travestiti da donna,
ma poi si sono spogliati completamente nudi e, continua parlando ad occhi
bassi, hanno fatto ‘certe cose’. Il ragazzo non specifica cosa, e interrompe il
colloquio andando via con il viso tutto rosso.
L’insegnante
è molto preoccupata per questo ragazzo poiché teme che venga avviato ad una
relazione omosessuale e non sa che pesci prendere in quanto questa tematica le
suscita notevole imbarazzo: Per questo chiede aiuto al consulente per come poter
‘salvare’ il ragazzo! Il Consulente la tranquillizza e le da un altro
appuntamento.
Il
Consulente riporta nel gruppo d’equipe la sua difficoltà ad affrontare questo
caso ed il turbamento che gli procura.
Quando
il supervisore domanda al consulente quale risonanza sente in questo caso, lui
dichiara che ha un nipote (diretto) di 12 anni, un pò introverso, con pochi
amici, e che manifesta comportamenti bizzarri come vestirsi con gli abiti della
sorella e giocare con le bambole. Gli esperti interpellati hanno però minimizzato
la cosa, affermando che sono atteggiamenti sperimentali e passeggeri.
Il
coordinatore, a questo punto, chiede ai partecipanti dell’equipe e, dopo, anche
agli osservatori del gruppo unico in sala, quali osservazioni e risonanze
ognuno sente di rimandare al Consulente, per sostenerlo nella sua funzione
professionale e nell’atteggiamento personale di fronte al ‘caso’.
-
Dal
punto di vista metodologico chiedere alla cliente: cosa ha immaginato ascoltando
il racconto del ragazzo, come si è sentita interiormente e che risonanza ha
avuto rispetto alla situazione, da cosa vuole salvare il ragazzo e perché,
aiutare la cliente a focalizzare gli eventuali interventi nel caso che torni il
ragazzo.
-
Dal
punto di vista del sostegno al Consulente: avere la libertà di decidere se
accettare di continuare la consulenza o meno, adottare gli strumenti personali
e professionali per creare il necessario distacco dalla situazione prospettata
in consulenza, attivare un profondo autoascolto lavorando soprattutto sugli
stereotipi e sui pregiudizi personali.
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